Malattia dell’arteria coronarica: effetto di sindrome metabolica e iperuricemia sull’esito
L'iperuricemia sembra essere correlata alla sindrome metabolica, ma il suo impatto sul rischio cardiovascolare nei pazienti che ne soffrono non è chiaro. È stato valutato in uno studio l'impatto dell’iperuricemia sul rischio cardiovascolare in pazienti con sindrome metabolica.
Tra i 2.963 pazienti con coronaropatia arruolati nello studio Bezafibrate Infarction Prevention, 1.410 avevano sindrome metabolica, come stabilito dalla presenza di 3 o più dei seguenti 5 criteri: glicemia a digiuno maggiore di 110 mg/dl, trigliceridi maggiore di 150 mg/dl, colesterolo HDL minore di 40 mg/dl negli uomini e minore di 50 mg/dl nelle donne, pressione sanguigna sistolica e diastolica maggiore di 130 e 80 mmHg, rispettivamente, e indice di massa corporea maggiore di 28 kg/m².
I restanti 1.553 pazienti non presentavano sindrome metabolica.
Gli endpoint primari erano insorgenza di infarto miocardico o morte cardiaca improvvisa.
L'iperuricemia è stata definita come livelli di acido urico nel siero superiori a 7.0 mg/dl negli uomini e maggiori di 6.0 mg/dl nelle donne, rispettivamente.
Nei pazienti iperuricemici ( n=284 ) è stata osservata una più elevata incidenza di endpoint primario rispetto ai pazienti normouricemici ( n=1.126 ) con sindrome metabolica ( 20.1% e 15.3% rispettivamente, p=0.05 ).
Dopo aggiustamento per vari fattori, i pazienti iperuricemici con sindrome metabolica hanno dimostrato un rischio significativamente più elevato per l'endpoint primario, rispetto ai pazienti normouricemici con sindrome metabolica ( hazard ratio, HR=1.45, p=0.05 ).
In conclusione, l’iperuricemia è risultata associata a un aumentato rischio di infarto miocardico e morte cardiaca improvvisa nei pazienti con sindrome metabolica. ( Xagena2010 )
Brodov I et al, Am J Cardiol 2010; 106: 1717-1720
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