Eritropoietina e tumori: precauzioni d’impiego


L’eritropoietina endogena è una glicoproteina che viene sintetizzata per lo più a livello renale ( 90% ) ed in minima parte nel fegato ( 10% ).

L’eritropoietina stimola la proliferazione e la differenziazione degli eritrociti, interagendo con recettori specifici espressi sui progenitori delle cellule rosse staminali del midollo osseo.

Un’insufficiente produzione endogena di eritropoietina, come conseguenza di una patologia renale, determina un deficit di globuli rossi e, di conseguenza induce anemia.

Per supplire a questa deficienza si ricorre alla somministrazione di Eritropoietina , ottenuta per via ricombinante ( rHuEpo ).

L’Eritropietina trova anche indicazione nel trattamento delle anemie in soggetti affetti da neoplasie, trattati con chemioterapici antiblastici o sottoposti a irradiazioni, allo scopo di mantenere, in questi pazienti, l’emoglobina a livelli compresi tra 12 e 14 g/100ml.

La somministrazione di Eritropoietina ha ridotto la necessità di trasfusioni, favorendo l’ossigenazione della neoplasia, accentuando, attraverso l’effetto ossigeno, la radiosensibilità e migliorando, infine, la qualità della vita.

Alcuni dati hanno indicato che pazienti con carcinoma cervicale, riceventi trasfusioni per mantenere elevati i livelli di ematocrito, hanno presentato esiti migliori con la terapia radiante.

Recentemente sono emersi possibili effetti sfavorevoli dell’Eritropoietina nei pazienti con diversi tipi di neoplasie , ed in particolare riduzione della sopravvivenza ed accentuata progressione del processo neoplastico ed aumento dell’incidenza di trombosi venosa.

Nel 2003 è stato condotto uno studio su 348 pazienti affetti da carcinoma cervico-facciale, sottoposti a radioterapia e con un livello di emoglobina inferiore a 13 g/100ml negli uomini e a 12 g/100ml nelle donne.

A questi pazienti è stata somministrata Eritropoietina ( 300 UI per tre volte alla settimana ) o placebo.

L’end-point primario era rappresentato dalla sopravvivenza senza progressione loco-regionale.

I risultati di questo studio hanno mostrato un aumento della emoglobinemia, superiore a 14 g/100ml per le donne e superiore a 15 g/100ml per gli uomini in circa l’80% dei casi, contro il 15% rilevato nei pazienti che hanno ricevuto placebo.

Inoltre, dallo studio è emerso che la sopravvivenza senza progressione loco-regionale della neoplasia è stata inferiore nei pazienti riceventi Eritropoietina rispetto a quelli riceventi placebo.

Sono stati rilevati effetti particolarmente negativi dell’Eritropoietina sul carcinoma dell’ipofaringe.

Un altro studio multicentrico, condotto su 939 pazienti affetti da tumore al seno, è stato interrotto precocemente dall’Indipendent Data Monitoring Committee per una più alta incidenza di mortalità nei pazienti trattati con Eritropoietina.

L’analisi di sopravvivenza a 12 mesi, che rappresentava l’end-point primario, ha evidenziato una differenza statisticamente significativa fra i pazienti nel gruppo placebo ( 76% ) e quelli del gruppo Eritropoietina ( 70% ).

La differenza è stata particolarmente evidente nei primi 4 mesi ( 41 morti nel gruppo Eritropoietina e 16 nel gruppo placebo).

Questo fenomeno può essere dovuto ad un aumento della progressione della malattia ( 6% nei pazienti trattati con Eritropoietina rispetto al 3% in quelli riceventi placebo ) ed, inoltre , ad un aumento degli eventi trombovascolari ( TVE ) nel gruppo dell’ Eritropoietina ( 1% ) rispetto al placebo ( 0,2% ).

Un aumento dell’incidenza di trombosi venose sintomatiche è stato documentato nelle pazienti con carcinoma cervicale.

Uno studio retrospettivo è stato condotto su 147 pazienti con carcinoma localizzato della cervice uterina o della vagina.
Le pazienti erano state tutte sottoposte a chemioterapia e radioterapia, ma solo ad alcune di loro era stata somministrata anche Eritropoietina.

Il 23% delle pazienti trattate con Eritropoietina presentava trombosi sintomatiche contro solo 2 pazienti del gruppo placebo .

La probabilità di sviluppare una trombosi delle estremità superiori è stata 14 volte maggiore per le pazienti trattate con Eritropoietina rispetto a quelle trattate con placebo, quella di sviluppare trombosi all’estremità inferiori è stata 8 volte superiore.

Un rilevante aumento degli eventi trombovascolari è stato anche osservato nelle pazienti con carcinoma del seno trattate con Eritropoietina.

Non sono noti i meccanismi mediante i quali il trattamento con Eritropoietina può aggravare le neoplasie, irradiate o meno.

L’Eritropoietina attiva vie antiapoptotiche che stimolano l’eritropoiesi e proteggono da danno le cellule non emopoietiche.

Le cellule tumorali utilizzano il sistema eritropoietinico per la crescita e l’angiogenesi ( sviluppo di vasi sanguigni ).

L’aumento dell’incidenza di trombosi venose sintomatiche potrebbe invece essere attribuito ad un’attivazione delle funzioni piastriniche ed endoteliali.

L’impiego dell’Eritropoietina dovrebbe essere oculato , ed eventualmente riservato ai pazienti con anemia a bassi livelli ematici di eritropoietina , sospendendo il trattamento una volta raggiunti livelli di emoglobina inferiori a quelli massimi normali.

Tratto da Bollettino d’Informazione sui Farmaci del Ministero della Salute – Direzione Generale dei Farmaci e dei Dispositivi Medici – 2004; 1 : 24-26


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