Infarto miocardico acuto: PCI o fibrinolisi ?


L’intervento coronarico percutaneo ( PCI ) è stato confrontato con la terapia fibrinolitica in 22 studi clinici randomizzati.

Questi studi hanno dimostrato che i pazienti sottoposti a PCI hanno una più ridotta incidenza di mortalità nel breve periodo, un’inferiore incidenza di infarto miocardico e di ictus emorragico rispetto ai pazienti trattati con un fibrinolitico, ma presentano un più elevato rischio di sanguinamento maggiore.

Gli Esperti che hanno redatto le lineeguida Usa sull’infarto miocardico hanno tuttavia ritenuto che sostenere l’impiego di routine della PCI primaria nei pazienti con STEMI comportasse ritardi inaccettabili nell’ottenimento della riperfusione in un numero significativo di casi, pregiudicando il risultato finale.

I benefici maggiori del PCI riguardo alla mortalità si hanno nei pazienti ad alto rischio.
Lo studio SHOCK ha dimostrato che nei pazienti con shock cardiogenico, la rivascolarizzazione coronarica anziché la stabilizzazione medica permette di ridurre la mortalità a 30 giorni del 9%.

Il tempo dall’inizio dei sintomi è un importante predittore do outcome ( esito ).

Un’analisi di studi clinici controllati e randomizzati, che hanno confrontato la fibrinolisi con l’intervento coronarico percutaneo ( PCI ) primario ha indicato che il beneficio del PCI riguardo alla mortalità esiste quando l’intervento è effettuato entro 60 minuti.
La mortalità aumenta in modo significativo per ogni 15 minuti di ritardo tra l’arrivo ed il ripristino del flusso TIMI-3.( Xagena2004 )


Fonte: Circulation – ACC / AHA Guidelines for the Management of Patients with St-Elevation Myocardial Infarction, 2004


Cardio2004


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